La felicità più grande risiede nel praticare un talento che fa parte della nostra natura
Johann Wolfgang Goethe
Affrontare l’ultima “impresa” editoriale di Reinhold Messner “La vita secondo me”, richiede uno stato d’animo predisposto più all’ascolto che alla lettura.
Dove leggere questo libro?
Immaginatevi in una delle seguenti ambientazioni, con un grado più o meno elevato di agio e comodità:
- angolo riservato dell’albergo, meglio se in una stube
- spazio dedicato nel campeggio dove soggiornate
- la taverna in cui vi rifugiate per “staccare” dalle routine.
In questi luoghi, che vi fanno pensare a momenti di rilassatezza, non deve mancare un fuoco!
Esso costituisce infatti l’elemento chiave per mettere Reinhold, che, inutile dirlo, vi starà seduto di fronte per raccontarvi, varcata la soglia dei settanta anni, la storia della sua vita.
Il racconto di una vita…
Una vita rivissuta e reinterpretata, con la saggezza, e la distanza dal tumultuoso scorrere degli eventi che l’hanno caratterizzata. Una vita imparata da quegli sherpa che così come lo hanno accompagnato e sostenuto negli anni e nei sentieri dell’avventura himalayana, lo hanno anche addestrato ad affrontare la dimensione non meno impervia della vecchiaia. Anche per lui che “non ha mai pensato di arrivarci”.
Il successo è piuttosto il frutto dell’entusiasmo con cui facciamo le cose e del talento che abbiamo di osare
Reinhold Messner
Soffermerete così lo sguardo su ciascuno dei settanta, come l’età dell’autore, capitoli del libro. Ma sarà l’affabulazione fluente dell’autore a farvi entrare nella cronaca degli episodi cruciali, delle vicende più drammatiche, delle rinascite e delle conquiste più esaltanti di un alpinista per il quale “sopravvivere è diventata la sua arte”.
Non vi sorprenderà quindi “udirne” le esclamazioni che ci fanno rivivere l’emozione delle scalate più temerarie, il superamento degli strapiombi più impressionanti, l’esultanza per il superamento di vie originali scelte in ragione di una visione estetica della montagna e di una concezione artistica dell’arrampicata, l’ “urlo muto” all’arrivo in vetta…
A tu per tu con Messner
D’altronde è lo stesso Messner a desiderare di interagire con noi, laddove afferma che “nella nostra società basata sulla comunicazione, nella quale disponiamo della più alta possibilità di esperienze passive di sempre, non c’è quasi più il tempo per scambiarsi consigli sulle esperienze vissute”!
Nell’ambito della copiosa produzione di pubblicazioni, documentari, trasmissioni e quant’altro abbia, per almeno una volta, attirato la vostra attenzione sulle imprese dell’altoatesino più conosciuto nel mondo, La vita secondo me non si propone di stupire con l’ennesima narrazione di imprese stupefacenti (per queste potete trovare un catalogo impressionante – e debordante – nella Libreria del MMM, il Messner Mountain Museum di Castel Firmiano) bensì di farci entrare in un “territorio” diverso, in cui le prove più difficili ed attraenti descritte sono quelle rappresentate dalle “escursioni spirituali” del “pellegrino innamorato dell’orizzonte che c’è in me”.
Man mano Reinhold si addentra a confidarci il suo percorso. Un percorso che l’ha portato da prati scoscesi, boschi e torrenti di una Val di Funes incantata a calcare letteralmente, con i suoi scarponi, i sentieri che lo hanno portato sulla cima dei quattordici ottomila ad attraversare il Deserto dei Gobi e le distese ghiacciate dell’Antartide, diventando in questo modo l’eroe dei “due giri del mondo”, ci vengono confidate le scoperte più importanti riguardo la formazione del carattere e l’evoluzione di un’identità che si è cimentata con tensioni interiori laceranti, scelte e contraddizioni dense di implicazioni spirituali e filosofiche.
L’introspezione di Messner
L’introspezione psicologica a cui l’autore si sottopone ha l’effetto di porsi, e di porci, davanti ad uno specchio, perché sì, egli nel parlare di se stesso, suggerisce e propone una riflessione universale. Quando, per esempio, a più riprese confida la sua ricerca della solitudine, aggiunge subito dopo, che ha sempre inteso condividerla con l’umanità intera.
Sin dalle prime battute comprenderete che testo e “parlato”, richiedono il superamento di qualsiasi timidezza nell’interloquire su temi, questioni e dilemmi che, con l’insistenza e testardaggine, che egli stesso si attribuisce, Reinhold sottopone ai suoi lettori.
La ripetizione è motivata soprattutto dalla volontà di smentire i numerosi pregiudizi che lo hanno accompagnato, alimentati da calunnie e disinformazione:
“Tutti hanno sempre cercato di minare la mia credibilità, di compromettere il mio onore, di piegare la mia volontà”.
La grande esposizione mediatica, determinata dalle imprese “impossibili”, ha anche comportato il rischio che nel corso del tempo la vera personalità dell’alpinista venisse deformata e strumentalizzata.
Un libro, una dimostrazione…
Il desiderio dell’autore è quello di “saldare” i conti aperti con molti interlocutori, replicando alle dicerie sul suo conto ed ai detrattori (“nella società civile non veniamo mai valutati in base al nostro vero valore, ma in modo superficiale”), confortando e ricordando i suoi numerosi amici e partner di avventura.
Dalla prima all’ultima delle 330 pagine emerge dominante la sfida della verticalità associata a decisioni che hanno comportato nel tempo della carriera alpinistica, un alto tasso di libertà, provocazione e sofferenza.
Ne sono testimonianza sia la drammaticità degli episodi, ricostruiti dettagliatamente, che hanno portato lo scalatore al limite della sopravvivenza, (leggerete parete ovest Sas de Putia o Soldà al Piz de Ciavazes “solo la speranza ci teneva aggrappati alla roccia ed alla vita”), che i tormenti di uno spirito ribelle alle convenzioni borghesi. Ribelle ai vincoli-limiti di una cultura ufficiale della montagna ritenuta del tutto inadatta a liberare le energie prorompenti di una nuova generazione di scalatori ineffabili, per i quali l’arrampicata estrema era intesa come “nutrimento della speranza di rimanere vivi”.
E’ comprensibile quindi che tra gli osservatori critici di Messner, alcune sue imprese ritenute impossibili siano state interpretate come una latente vocazione al suicidio.
In verità, anche alla luce delle argomentazioni che egli dispiega a supporto delle sue scelte, esse ricordano piuttosto le “uscite dal mondo” di Elèmire Zolla il quale, in un testo per certi versi profetico, ha illustrato un repertorio di esperienze tese all’uscita dal determinismo dello spazio e del tempo, dall’ego-centrismo, dai doveri sociali.
Certo, nella sua concezione tra “fenditure e varchi via via aperti verso i possibili” non rientravano le visioni ed i sogni che hanno alimentato la sete di libertà e liberazione del nostro Reinhold, probabilmente non ignaro che, secondo l’induismo, esistono degli “occhiali magici per andare oltre la realtà, consentendo ad alcuni di raggiungere il fine supremo della vita, ossia la liberazione in vita”.
Occhiali che egli ha sicuramente inforcato per dare una direzione alla sua vita di “cane sciolto”, al suo “essere curioso” alla sua “sete di conoscenza”, al suo correre verso “esperienze senza una meta”, ai “comportamenti non assennati”, all’ “aspirazione all’impossibile”.
Ma per potersi spingere oltre i confini convenzionali, sia geografici che spirituali, Messner ha potuto contare sui leganti di un rapporto antropologico-culturale (fisicità e fascino, affetti, radici) intenso, continuato, mai interrotto, con la sua piccola Patria: l’Alto Adige; anche in virtù del suo forsennato percorrere i luoghi più disparati e sconosciuti della Terra, egli sostiene che “Oggi il mondo è un posto più vicino”, ma aggiungiamo noi – ritenendo di interpretarne il pensiero – “il Sud-Tirolo è il suo epicentro”!
E molta parte dei pensieri sciorinati in scioltezza e senza freni e/o falsi pudori ci restituiscono sia il magico presepio della Comunità di valle (Funes appunto) che la forza e la determinazione di un popolo che ha saputo tutelare la sua autonomia e la sua vocazione a promuovere una terra ricca di fascino e di sviluppo.
I “cammei” dedicati al contadino di Niedermunt (il Dableiber che nel ’39 delle Opzioni scelse di rimanere nella sua terra e di non credere al miraggio nazista della nazione tedesca) ed a Luis Durwalder (l’ex Presidente della Provincia di Bolzano che ha condiviso e reso possibile la realizzazione del Peogetto MMM) condensano l’arco storico-culturale ed il protagonismo che ha consentito all’Alto Adige di “raggiungere quel primato del nuovo millennio in Europa che tanti ci invidiano”.
E’ necessario sottolineare che il testimonial più prestigioso ed ambasciatore riconosciuto di tale prodigiosa “comunità” può essere considerato proprio lui, il Reinhold Messner che ha avuto il coraggio di contrastare la retorica populista e neo-nazionalista, persistente in alcuni nuclei della popolazione altoatesina, rifiutandosi di piantare nelle vette raggiunte la bandiera del Sudtirolo: “La mia bandiera è il mio fazzoletto”?
La mamma è sempre la mamma…
Il carattere del ribelle è stata un’attitudine che sua madre aveva notato in lui sin da bambino come afferma “con una conoscenza profetica di me”. Tracciando il suo profilo psicologico (psicogramma come lo chiama Reinhold), come per tutti i suoi nove figli, ella aveva visto giusto, anche se non poteva sapere che alcuni decenni dopo un grande psicanalista e filosofo americano, James Hilman, in un testo illuminante – Il codice dell’anima – avrebbe teorizzato che ognuno viene al mondo con un destino: attraverso la cosiddetta teoria della ghianda che dice che esiste un’immagine individuale che appartiene alla nostra anima, aggiornando con essa il mito di Platone e sostenendo che “lo stesso mito esiste nella Kabalah. Anche i mormoni ce l’anno. Gli africani ce l’hanno. Gli induisti ed i buddisti l’hanno in maniera diversa – lo legano più all’incarnazione ed al karma – ma anche lì arrivi in questo mondo con un destino particolare. E’ ben radicato negli indiani d’America; così tutte queste culture in tutto il mondo hanno una comprensione simile dell’esistenza umana.
Solo la psicologia occidentale non ce l’ha…”. Non aveva preso in considerazione la potenza dell’amore e la sensibilità affettiva di una mamma in grado di leggere nel futuro di un proprio figlio…
E tu cosa ne pensi?